Edere | Nellina Pace | 97912817351170
15,00 €
Titolo: Edere
Autrice: Nellina Pace
Illustrazioni a colori: Sì
ISBN: 979-12-81735-17-0
Collana: I Curti
Pagine: 120
Formato: 11×17
Uscita: 1 ottobre 2024
Quarta di copertina
La poesia di Nellina Pace è fatta di versi pregni di malinconia, ma capaci al tempo stesso di mostrare una luce in fondo al tunnel, una speranza da perseguire senza mai lasciarsi andare; è una carezza che asciuga una lacrima, una mano sulla spalla nel momento del bisogno la cui forza diventa ancor maggiore grazie alla presenza nel libro di dipinti di grandi maestri del passato, che insieme alle parole della poetessa cosentina guidano il lettore in un viaggio alla scoperta della propria e dell’altrui interiorità.
Nota biografica dell’Autrice
Nellina Pace, nata a Cosenza e laureanda in Giurisprudenza, dal 2017 al 2022 ha dato vita al progetto CosenzaPics, teso alla diffusione della conoscenza della storia e del patrimonio culturale del territorio cosentino. Questa esperienza le ha dato modo di entrare in contatto e collaborare con le istituzioni culturali della città.
Nel 2019 ha partecipato all’organizzazione della Giornata Internazionale dei Musei e della Giornata Regionale dei Musei di Calabria a Cosenza.
Dal 2023 al 2024 ha svolto il Servizio Civile Universale presso il Centro per l’Arte e la Cultura Achille Capizzano di Rende (CS). Al MAON (Museo d’Arte dell’Otto e Novecento) ha svolto mansioni di accoglienza e guida durante le mostre Toscana dai Macchiaioli al Novecento. appunti per l’Ottocento Calabrese, Collezione Alberto Torcini e ha allestito la biblioteca Don Gianfranco Rolfi, dove ha organizzato l’evento Per Altri Sentieri, un reading di poesie tenuto da Giovanni Mazzei, direttore artistico del Comitato per le celebrazioni del Centenario di Franco Costabile, dando l’opportunità alle classi del Liceo Classico Gioacchino da Fiore di Rende di conoscere una delle voci più intense e drammatiche del panorama letterario italiano del Novecento.
L’interesse per i libri ha suscitato in lei la passione per la scrittura, che l’ha condotta a sperimentare il linguaggio poetico.
Nel 2022 ha partecipato alla prima edizione del concorso letterario Poetry Slam di Cosenza.
Edere è la sua prima pubblicazione.
Maria Francesca Lucanto –
La poesia di Nellina Pace esprime con tono accorato e delicato a un tempo il desiderio di entrare nel profondo del mistero della vita e della morte e dell’inafferrabile eterno come lo definisce la poetessa. “Dove siamo noi? Qual’ è il nostro posto? Fermi in questo tempo senza rintocchi, ci raggiunge a stento il profumo delle rose”.
Le rose, come un perpetuo fiorire e rifiorire, metafora a un tempo della eternità e della decadenza della vita terrena, così come della fragilità della bellezza, ritornano spesso nelle sue poesie: “Sbocciano come una rosa le mie dita verso il sole” …“Le rose sul mio vestito le ha ricamate mia madre” …“Al di là del pendio…. non v’è ombra, non v’è pianto, ma ruscelli che sfamano le rose.”
Allo stesso modo inafferrabile nella sua fragilità è il sentimento dell’amore, che va al di là del tempo e dello spazio e che nella poesia di Nellina Pace si fa denso di nostalgia nei ricordi, tristezza di perdita in “anni perduti sotto un cielo pregato”.
Ma l’amore è anche attesa e aspirazione, desiderio di luce, di estati, di sole.
L’ amore ha i colori dell’oro, come lo splendore della luce del Divino, che gli angeli pentiti, caduti, hanno perduto.
Gli angeli caduti, che non sono demoni, ma angeli tristi che, caduti in terra, hanno perso il loro legame con il paradiso, nella poesia di Nellina Pace tornano spesso come visioni, rivelazioni.
Per primo nella poesia /incipit di Edere: “Il sole che sorge dietro i monti è il viso di un angelo pentito: quel che resta del suo eterno bianco è lo scintillio delle stelle del mattino”. Gli angeli pentiti…“che con le mani, spargono lacrime sulle nuvole”. Il loro pianto è eterno.
E poi la sofferenza e il dolore come cifra di un’umanità “in un mondo di tenerezze proibite”, in un mondo in cui si è spesso “cacciatori di sole”, e si ritorna “con le gambe come rami di quercia spezzati al mattino, quando la luce dell’aurora porta la rugiada sulle iridi”.
La sofferenza è la cifra dell’umano: è quella di Hyam la madre di Amal, il naufrago che la poetessa vede: “arrivare fluttuando come una foglia in autunno, strappato alla madre da un vento bastardo”, così come la stessa riesce a sentire “Hyam pregare il mare, nuova culla di un figlio che sogna”.
E’ tutta umana, per la poetessa, persino la sofferenza di Maria che muore insieme al figlio:
Non sei Cristo e non sei Salvatore,
nel mio ventre un fiore bagnato di pianto.
Ai miei occhi caduti sei sopra di Dio,
il figlio mio là sulla croce.
Muoio io inchiodata al legno,
muoio io il giorno e la notte
la mia mano ti asciuga la fronte,
il cielo resta a guardare.
E’ così che muore Maria, anche gli angeli volano via.
Nessuno la può consolare.
Nel contempo lo sguardo e tutti i sensi dalla poetessa sono rivolti alla struggente realtà della natura: le immagini del cielo, della luna nell’azzurro, delle stelle, del mare, dei boschi fitti, dei ruscelli, dei laghi, dei fiumi, delle colline non sono solo gli scenari dove il sentimento poetico si esprime, ma sono essi stessi paesaggi dell’anima, il desiderio di riportarsi sempre all’inizio della vita e dunque alla sua pienezza, quando essa è solo “pensata e estranea ai rimorsi”, alle estati bambine, alla luce di maggio, ai sorrisi che sbocciavano in primavera, al tempo dell’ “attesa che seduta sul prato riposa….e sotto il silenzio la calma germoglia coi fiori”.
I fiori, nella poesia di Nellina Pace sono metafora della poesia che nasce come una benedizione:
E nasceranno fiori da questo cuore che è relitto fermo
in mezzo alle onde, veloci come infiniti cervi, legno marcio,
terra feconda, sorrideranno al sole le poesie.
Non ci si stanca di leggere e rileggere le poesie di Nellina Pace perché ogni volta è come scoprire un canto nuovo, sommesso ma potente: un canto alla vita, che pur proiettandosi verso un impossibile orizzonte, è fatto di speranza:
La speranza è cullata dal mare al di là delle parole,
dall’altra parte della vita, sotto il sospiro del sole.
Per entrare nella loro profondità, che dall’interiorità della poetessa si proietta a un sentimento e ad una visione universale, occorre disporsi al silenzio, in un cantuccio, per entrare nella dimensione del sogno vigile.
Lei, Nellina Pace è come quell’angioletto, un po’ dispettoso di cui narra nella poesia che chiude la silloge:
Mia madre diceva «Oleandri,» e a me piangevano gli occhi.
E come rideva l’angioletto nascosto dietro al muro!
Poi è fuggito verso le isole a marzo, spaventando le lepri.